sabato 27 aprile 2013

L'insostenibile bellezza della periferia


Quando non sono a Roma, vivo a Trieste. Torno ad essere figlia, con tutto ciò che questa condizione comporta se con il tempo non si è evoluta verso lo status di madre/sposa/generatrice di nipoti per genitori anziani. E vivo in periferia.


La periferia è dove tutto si ferma. Dove non passano gli autobus se non negli orari degli operai della zona industriale, sabato e domenica esclusi. 
La periferia è dove, se ti serve qualcosa, devi per forza prendere la macchina, circostanza condivisa con chi sceglie di vivere isolato in luoghi impervi ma straordinariamente panoramici (e qui a Trieste ce ne sono tanti che per vedere il mare scelgono case inarrivabili se non con un'alta dose di coraggio e le marce dell'auto ben funzionanti).

La periferia è come il lato-svuotamento di un cassonetto. Costringe a svuotarti. 
Non esistono distrazioni, lustrini, shopping, pubblicità, rumori d'autobus o di auto. Qui semmai ci sono i rumori dei camion, o dei convogli che portano 'trasporti eccezionali', e in casa ci si scherza: dài che arriva il trasporto eccezionale, saltiamoci sopra! Anche perché sarebbe più divertente vedere una famiglia a bordo del trasporto eccezionale, piuttosto che un motore per navi da crociera tutto intabarrato come se dovesse essere congelato. Una famiglia che sta ancora assieme è, di per sè, un trasporto eccezionale.

Pure, la periferia riserva sorprese degne di un film di Ermanno Olmi. Bisognerebbe mettersi lì con la telecamera e aspettare. Aspettare l'ora del tramonto e vedere arrivare due cigni dal canale navigabile della zona industriale. Dietro, il fumo di un inceneritore, davanti le sagome nere di due naviganti che non si sa ancora chi siano. I naviganti si avvicinano, il fumo scompare: due cigni bianchi immacolati! Un miracolo di quelli che radono tutto al suolo: preoccupazioni, isterie, imbizzarrimenti, rabbie, insoddisfazioni, problemi quotidiani.

Miracolo della natura che dura anche in condizioni di massima inospitalità. Restare bianchi in un canale che raccoglie acque inquinate è un orizzonte forse riservato solo a dei cigni. O un sogno accessibile anche agli umani, chissà. Intanto, sul balcone, c'è un consesso di cornacchie e passerotti. Arrivano per le briciole di pane secco. Prima la cornacchia, ovviamente, poi i passerotti. E tutti, dopo aver mangiato, digeriscono generosamente. La terrazza lo testimonia in modo inequivocabile.
Anche per loro la periferia è dove tutto si svuota.



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