sabato 20 dicembre 2014

Il piumino a Fiumicino (storiella edificante di fine anno)

Noi viviamo di avventure.
E l'Italia è il più bel Paese per viverle:
disguidi tecnici, disservizi, malagestione dei beni pubblici, 
pacchi spediti e mai arrivati a destinazione.
Non sarà un'avventura, non può essere soltanto una primavera.
Infatti è inverno pieno, e dal Nord hanno spedito un piumino 
per farvi fronte. Solo che il piumino si è perso, e pare sia finito
a Fiumicino. 
Il fatto ha già, secondo le classiche consuetudini familiari, i contorni di una 
tragedia: doveva arrivare giusto per le feste, era stato lavato e profumato 
per l'occasione, aveva dentro tutto l'amore possibile del genitore lontano
e preoccupato. Sorte beffarda di tutti gli amori. Tanto fai, e poi 
guarda te cosa succede. Ma l'amore vince sempre, e prende il volo.

Atto I - Alla Stazione Ostiense
Alla Stazione Ostiense biglietteria con umani chiusa. Biglietterie automatiche
asportate e sostituite da albero di Natale brillante e solitario. Bancomat eliminato. 
Tabacchi accoglie rimostranze ma rimane, sostanzialmente, indifferente:
"E io che devo fà oltre a sentire le vostre proteste?".

Crocchio di passeggeri in vena di polemiche al binario.
Attizzo fuochi al solo passaggio: "Possibile che nessuno protesti, 
che nessuno dica niente?". Possibile che siamo buoni solo 
a fare programmi di denuncia e talk-show politici? Nessuno di noi che si 
prenda la briga di prendere carta e penna e scrivere?
Eppure abbiamo tutti i mezzi possibili del mondo per farlo.
Come se avessimo sepolto per sempre la speranza. 
Come se fossimo abituati, anzi predisposti al micidiale,
come direbbe Alessandro Bergonzoni. Come se non ce ne importasse
davvero nulla di contribuire, ognuno per quel che è possibile,
al bene pubblico. Perché poi chi fa da sè fa per tre. "Vada in taxi
che fa prima", rima il barista ostiense.

Atto II - Al Parco Leonardo
E invece no. Io prendo il treno, e arrivo alla stazione di 'Parco Leonardo'.
Poveri parchi, povero Leonardo, trasformati in centro commerciale
nel bel mezzo del nulla. In un paesaggio da periferia industriale,
tra le tangenziali e l'umido di una giornata grigia, ci sarebbe un bus per il centro,
ma "arriva quando gli gira". Giro l'occhio e metto a fuoco il numero di un taxi.
Quando ce vo' ce vo'. Chiamo. "Signora, deve dirmi dov'è". Ma come fai a dire dove sei quando sei incastrata tra una stazione un centro commerciale a pochi passi da un aeroporto?
Faccio qualche passo e metto a fuoco: via Giulio Romano (con accanto cartello di scarico-merci) e via Bramante (sopra un cespuglio di rovi secchi). L'arte sia con te:
non a caso il centro di smistamento-pacchi dispersi si trova, appunto, 
in viale delle Arti. Messe da parte per sempre. Trasformate in orribili
capannoni dove l'essere umano può perdersi e non ritrovarsi più.

Atto III - La fila furiosa
Ed eccoci, esseri umani arrabbiati e impazienti e ingrigiti se non anneriti
dalle tante avventure all'italiana. Una fila scomposta di profughi disperati,
vista da lontano. Da vicino, le storie dei tanti cercatori di pacchi natalizi
volati a Fiumicino travolti da un insolito destino. 
C'è il signore che è arrivato alle 7.30
del mattino direttamente dalla notte al lavoro, 
ha lasciato il codice per la ricerca-pacco e alle 11.30 ancora aspetta.
C'è l'altro signore che sembra non dorma da due notti, è scurissimo d'aspetto,
al collo i barlumi di una collana-rosario perfetta per l'occasione.
Si fumano una sigaretta che aspiro anch'io a pieni polmoni, 
perché ci son momenti in cui la solidarietà prende il sopravvento
sulle personali campagne anti-fumo. 
Arrivano due signori che già inveiscono per come la fila non si capisce come sia fatta, e chi è l'ultimo, ma guarda te. Son solo vagiti della lotta dei pacchi che si consumerà all'interno dell'ufficio.

Atto IV - La lotta dei pacchi
Stanno quasi per scoccare le 12, orario di chiusura, e la funzionaria decide di barricare l'ufficio in preda ad una crisi isterica. "Basta, non fate entrare più nessuno, chiudiamo alle 12. Chi c'è c'è, chi non c'è non c'è!" Arriva una signora all'ultimo secondo con l'aria afflitta. "No! Lei non può entrare!" Alla larga! La signora dice di essere venuta anche ieri ma niente, dunque ora tornerebbe di nuovo alla carica. Commette poi il gravissimo errore di dare il nome di una funzionaria che lavora lì, ed eccola additata subito dal gruppetto dei disperati come la raccomandata di turno mentre la signora, poveretta, ha semplicemente annotato il nome di una gentilissima funzionaria di quelle che fanno la differenza. 
Crisi isterica piena dell'altra collega. 
"Ufficio chiuso! Per piacere! Ve l'ho detto!"

Il ragazzo fumatore con gli occhiali spessi sbotta che insomma, non è che ci possiamo trasformare noi in controllori dell'ufficio. Le voci si alzano, la temperatura pure.
Un padre con bambino batte le mani sul tavolo: "Vi ho detto di cercare il pacco!
lei ha detto 'se l'avessimo cercato', quindi non l'avete cercato. Allora non parlo l'italiano! Allora non ci capiamo! Mi fa parlare? O salta fuori il pacco, o entro e me lo cerco io!"
Profilo di padre e figlioletto sembrano essere sovrapponibili: imbronciato il padre, imbronciato il figlio. Un'aria vagamente mussoliniana in entrambi.
Di generazione in generazione la rabbia si propaga come il fuoco nella sterpaglia.
Accenno interiormente ad una decina di rosario.

Fuochi d'artificio in un sabato mattina pre-natalizio.
Quando dovrebbe arrivare Babbo Natale, e parentesi dovrebbe anche nascere
quel Gesù Bambino che ci salva tutti. Nell'indifferenza generale.
Ma i pacchi, trasformati da anni in idoli televisivi, hanno la meglio su qualunque sacra meditazione.
Noi e loro. Le posteitaliane e gli italiani. "Siamo tutti nella stessa barca", ricorda qualcuno quando le aggressioni verbali iniziano ad essere troppe, e diventa
quasi impossibile avere una normale conversazione tra chi dovrebbe essere
lì al servizio del cittadino e i cittadini che non sanno nemmeno più loro
con chi se la devono prendere.
Dalli all'untore! Dalli alla raccomandata! Dalli al signore che è arrivato per ultimo
ma ha trovato il modo di comunicare il suo codice-pacco.

Atto V - L'arrivo di Babbonatale
Ultimo atto della tragedia: il codice-pacco.
E' tutto lì. In un codice malefico. Se l'hai segnato giusto, bene.
Altrimenti avanti il prossimo. 
"Signora, il suo ha 11 cifre, ce ne vogliono 13!" 
A questo punto rivendico il mio ruolo ed entro pienamente nella parte della figlia con genitori rintronati che hanno comunicato il numero così e non c'è verso di ritrovare il numero giusto perché a casa non risponde nessuno.
Qualcuno si impietosisce. L'ufficio è ormai quasi sfollato.
Alcuni feriti sul campo: feritissimo, quasi morto, il signore al quale hanno 
comunicato che il suo pacco è perso per sempre. Volatilizzato.
Sparito. Rubato? Forse. Ci sarà da fare la denuncia. 

Ed ecco arrivare sullo sfondo il salvatore. Con la tuta blu di Superman.
La faccia buona di un uomo buono. 
Ricordate 'Le vite degli altri'? Siamo gli uni nelle mani degli altri.
Non ci sono aziende, posteitaliane, ferrovie, bar, ristoranti astratti.
Ci sono uomini e donne 
che fanno la differenza. 
Con la loro bontà, la loro umanità, il loro senso civico, la loro comprensione.
Il direttore di filiale anche lui si è intenerito e assicura che non ce ne
andremo di lì se non saremo arrivati alla giusta combinazione del codice.
Giorno di invio, indirizzo giusto, telefonata giusta, aggiunta di due zeri.
Combinazione perfetta. Pacco ritrovato. Figlia felice. Genitori pure. 
E vissero tutti assieme felici e contenti. E profumatissimi di piumino pulito.

Ci sarebbe ancora il piccolo particolare di ritornare alla stazione di partenza

a piedi e non in taxi. E una camminata zingara ai margini della tangenziale.
Ai margini del primo mondo che a volte sembra tanto il terzo.
Tra le spazzature abbandonate e il senso di abbandono generale.
E i pensieri del centrocommerciale dove ci si azzuffa e ci si affanna
per i regali che magari finiranno nei pacchi che magari finiranno nel centro
smistamento-pacchi che magari...auguri!




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