“Area cani”, spiega il cartello
fuori dal parco, che ospita anche un piccolo monumento al cane ignoto, con
tanto di coccarda tricolore al collo. E dov’è l’area umani? L’oasi di ristoro
per umani accaldati e stanchi?
E’ qui, attorno a te che ti
aggiri nella calura della metropoli più bella del mondo: Roma. Roma vituperata,
bistrattata, calpestata, insozzata, calunniata, abbandonata, pigiata nei bus
stracolmi. Ma pur sempre Roma città eterna di una eterna bellezza. Bellezza di
monumenti ed edifici, come osservano i turisti argentini ai quali si illumina
lo sguardo a parlare di questa stratificazione di storia presente ad ogni
strada del centro. Ma soprattutto bellezza e splendore di umanità. A cui
abbeverarsi quando ci si sente aridi e deserti.
Nel centro più centro della città
alle 7.30 del mattino un piccolo gruppetto di donne staziona fuori da un
portone. E’ il palazzo che ospita un rinomato centro di cura e prevenzione dei
tumori al seno, dove si può venire a fare un check-up di esami ad un prezzo
modico e, soprattutto, senza prenotazione previa. Unica indicazione: presentarsi
al più presto, e infatti le prime arrivano qui anche alle 6.30-7, dopo essersi
alzate alle 4. Già fuori dal portone un po’ ci si conosce, si scambiano due
parole, il clima è familiare e soprattutto solidale, come sempre quando c’è di
mezzo la salute. Una volta entrate, la sala d’attesa è animata dalla presenza
di un televisore acceso su Raiuno: le notizie del Tg e poi Unomattina. Il salottino
da noi, e il salottino da loro, ma il nostro è decisamente più divertente e confortante.
Perché basta allungare l’orecchio e si possono sentire chicche simili: “Io,
signora, guardi, vedo che ridere è la salvezza, nella vita ci vuole leggerezza,
ho superato i 60 anni, sono stata femminista, ma che pesantezza! Invece sa
adesso cosa penso? Mi alzo ogni mattina alle 4 e dico che sono fortunata ad
alzarmi per andare a lavorare, visto che c’è gente che neppure riesce ad
alzarsi. E poi sento gli uccellini e, siccome anch’io faccio i miei rumori,
dico che siamo tutti parte di una stessa orchestra.” Per me queste parole valgono
più di qualunque visita. Me ne potrei anche andare felice e soddisfatta senza alcuna
mammografia di rito.
Nel bar a distanza di pochi metri,
spremuta d’arancia e cornetto, mentre l’usuale orecchio sinfonico che si sintonizza
sulle orchestre esterne capta parole interessanti. Il barista dice che lui non ne
sente il bisogno, l’avventore che addenta il cornetto dice che non è tanto
questione di sentire, quanto di volontà. Discorsi da teologia spinta. Infatti
mi giro e chi parla è un prete, impegnato a convincere il barista che
confessarsi non è questione di sentimento ma di decisione interiore, di
volontà. Ed è lì che mi viene spontaneo intervenire, perché qua o a un certo
punto ci si innamora e quindi le cose si sentono con il cuore, anche in fatto
di fede, oppure possiamo diventare un esercito di gente che bacia rosari e
chiude i porti. Si dichiara cattolica e non è capace di empatia profonda. Brandisce
simboli religiosi ed è impermeabile alla sofferenza altrui. Entiendes? A questo
punto il barista racconta la bellissima storia del suo nome: Salvatore, così
chiamato perché davvero salvato dal passaggio della statua del Salvatore in un
piccolo paese della Sicilia durante la festa del patrono. Ora ci vogliamo
buttare a mare perché Salvatore non sente più il bisogno di confessarsi? Via,
amico prete, pensiamo alto. E altro.
In alto, fuori da una chiesa, un
cartello chiaro all’ingresso: “Facemo bene mo’ che c’avemo tempo”. Beatitudini
riportate una ad una a caratteri ben leggibili, tanto per ricordarsi quale
sarebbe la nostra carta d’identità: mitezza, amore per i nemici, l’impossibile
conciliazione tra Dio e denaro, l’ipocrisia del giudizio sugli altri mentre ci
si ritiene sempre perfetti e intoccabili, la predilezione per gli ultimi. Un bel programmetto
di vita che, a seguirlo sempre, porterebbe tutti dritto in paradiso già su
questa terra.
Fuori dall’area sacra di Largo
Torre Argentina, dove hanno fatto fuori Cesare e oggi prolifera una nutrita
colonia felina, un signore con ampia pancia che deborda fuori dalla camicetta è
spiaggiato con accanto il suo gatto trovatello nella gabbietta. Tipico
esemplare di “barbone” romano con storia illustre alle spalle: era amico di
Ruggero Orlando e Claudio Villa, ed ora dice di essere impegnato in associazioni
che lavorano per gli orfani e per gli anziani. Dalla bocca sdentata un
complimento: che bel vestito, dove l’hai preso? Sarebbe perfetto per una mia
amica 70enne!
Benedetta Roma, oasi di ristoro di varia, variopinta e variegata
umanità.
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