sabato 28 marzo 2020

Dentro


Chi ha sempre vissuto dentro ora è come se si ritrovasse a casa. E mentre ascolto la radio che parla di “conosci te stesso” e di “vita interiore” e di “solitudine che costringe a pensare”, ringrazio per gli anni in cui ho sperimentato questo lungo apprendistato. Alla ricerca di un “mondo altro”, di essenzialità, di tutto quello che nessun virus, nessuna guerra e nessuna malattia potrà mai portarci via: ciò che è dentro di noi e non fuori.

Fuori possono esserci nemici di ogni genere, ma chi frequenta se stesso al di sotto delle onde agitate del mare sa altrettanto bene che i nemici veri sono dentro: paure, angosce, sensazioni di inadeguatezza, e poi, ancora peggio, indifferenza, insensibilità, durezza di cuore, e potremmo continuare all’infinito il catalogo delle brutture dell’anima. Ma oggi è bene fermare qualche pensiero bello, qualche immagine da ricordare per sempre, come quella inaudita di ieri del Papa che porta il mondo in una piazza San Pietro deserta e annegata di pioggia. Con tutta la fatica, la sofferenza e la fede di un uomo che è profondamente uomo, ma aperto a quel mistero grande che ci sovrasta tutti.

Paradossi di questo tempo: chiusi ma aperti. Ingabbiati ma senza perdere un granello di quella libertà che vola alto. Proprio come i gabbiani che l’altro giorno guardavamo in cielo: alti, supremi, stupendi. Prima che la clausura diventasse seria e rigorosa, c’è stato anche il tempo di vedere un cigno che preparava il nido dei suoi piccoli con quella pazienza e meticolosità che sembra appartenere per grazia naturale al mondo animale. E il tempo c’è ancora per assaporare il silenzio, questa notte quasi irreale, da giorno di neve in periferia. 

La periferia: tanto odiata e vituperata prima. Ed ora benedetta ed amata perché ci ha abituati alla reclusione e all’isolamento, che in questi momenti ci accomuna tutti ed appare un’oasi di pace se paragonata al delirio di doversi muovere ogni giorno con un’auto, più di una volta giorno, anche per un pezzo di pane o un giornale. Poco fa hanno suonato i volontari del Comune che offrono questo incredibile servizio di spesa a domicilio: c’è stato un tempo, in passato, con la grave malattia di mio padre, che non so cosa avrei dato per vedere arrivare in casa dei giovani così ben disposti, sorridenti e disponibili. Ora questa emergenza ci regala anche una nuova apertura del cuore. Di cui tanto sentivamo il bisogno. 

Ed improvvisamente anche la permanenza in casa con la propria mamma anziana ma piena di vita appare una beatitudine che riscatta le tante nevrosi passate, anche se la povera donna ha dovuto rinunciare alle sigarette visto il momento, e qualche nevrosi resta (anche nella figlia che non fuma fuori ma dentro per i motivi di cui sopra). 

E mi viene persino da sorridere se penso che la vita da monaca di clausura mi è sempre sembrata tanto bella e desiderabile, ed ora – se il virus non ci porta via – mi è consentito questo inedito noviziato. Fatto di ritmo di lavoro, preghiera, riposo, contatti con il mondo esterno a piccole dosi e certo, non è la stessa cosa ritrovarsi con uno schermo davanti e non di persona, ma forse avevamo bisogno anche di questo. Di schermarci un po’, di ritrovare noi stessi, di allontanarci dal caos frenetico ed impazzito del mondo che corre troppo veloce e non sa nemmeno dove va. Per questo, caro e stramaledettissimo virus, ti voglio ringraziare ed al tempo stesso chiederti gentilmente di andartene, ora, perché forse alcuni di noi la lezione l’hanno capita.

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