Ed
era arrivato persino un virus per fermarli un po’. Per mettere un freno alla
loro boria di superdotati e superaccessoriati umanoidi di nuova generazione. Un
microscopico virus chiamato curiosamente “corona-virus”, di regale provenienza cinese
esattamente come il 90% di ciò che acquistavano quotidianamente, li aveva messi
alla prova regalandogli la gioia di ritornare a pensare e a godersi un po’ di
sano tempo libero. Un tempo che ha tempo, libero da impegni vincolanti e
stringenti.
Qualcuno
aveva potenziato soltanto i contatti digitali, sull’onda delle indicazioni e
precauzioni previste persino dalla legge, ma altri avevano intensificato invece
i contatti umani, seppure alla debita distanza.
Nuove visioni d’intorno: famiglie con bambini in giro il lunedì mattina tutti assieme in bicicletta, avvistamenti di mamme con figli al seguito a far la spesa il martedì verso mezzogiorno ("Compriamo le mele e facciamole in pastella!" "Mamma, cos’è la pastella?"), un signore con tuta mimetica da ciclista che fa la spesa anche lui a mezzogiorno con il casco in testa, che forse anche il casco è in fondo un modo per tenere la distanza di sicurezza dai tanti virus che circolano nell’aria.
E insomma l’umanità si ritrovava in formato inedito da alba del Terzo millennio: rinnovata, rilassata, quasi a briglia sciolta.
Si
vedevano persino lezioni all’aria aperta, perché le scuole
erano chiuse e gli insegnanti di educazione fisica avevano consigliato di
respirare in luoghi aperti (outdoor, si diceva in gergo), così le
classi si erano inventate la didattica delle lezioni a piccoli gruppi di
studenti, ciascuno a un metro di distanza dall’altro, seduti spesso a gambe
incrociate a contemplare il mare. A parlare di letteratura, scienza,
matematica, ma anche di vita. Vita che ad ogni istante va assaporata e vissuta
nel profondo. Non dando mai niente per scontato.
E
la storia si faceva così, ciascuno raccontando la propria storia: una storia di
storie vive, che si scrivono in quel momento assieme, non solo virtualmente su
Instagram. La storia di come tu ed io viviamo questo tempo. E come confrontandoci,
possiamo viverlo ancora meglio. La scuola non solo come luogo di passaggio di
conoscenze ma esperienza di vita comunitaria che ci accomuna tutti, insegnanti
e studenti.
Non
era raro scambiarsi sorrisi tra passanti durante le passeggiate o trovare un ufficio
postale deserto con impiegati gentilissimi, o ancora perdere tempo ad osservare
i pesci e le meduse giganti ingolfati nel golfo.
I
loro potenti strumenti informatici, intanto, li informavano di una tragedia che
si stava consumando negli stessi giorni a qualche migliaia di chilometri di
distanza: quasi un milione di profughi che stavano lasciando la Siria in fuga
da un conflitto decennale deciso dai potenti del mondo sulle teste della
popolazione inerme.
Sapevano, ma si lavavano le mani di continuo, perché queste erano le indicazioni ufficiali.
Si
estinsero così, lavandosene le mani, travolti da uno tsunami che li inabissò.
Qui
il manoscritto si interrompe e mi dispiace parecchio perché la storia sembrava, almeno in alcuni punti, un po’ la nostra. Ma deve essere solo un’impressione del momento. Effetti stupefacenti
dell’Amuchina che avevo portato in Burkina Faso nel 2009. Evidentemente scaduta.
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